Italiani e gioco d’azzardo, dall’antica Roma al web

Quasi un terzo degli italiani, il 28,2%, partecipano a giochi con vincite in denaro: il 18,3% lo fa esclusivamente attraverso la rete delle ricevitorie e delle agenzie presenti sul territorio; un più piccolo 2% frequenta unicamente le sale da gioco online, come quella visibile a questo sito; mentre il restante 7,9% ammette di farlo in entrambi gli ambienti, sul web e offline. E’ quanto emerge dal “Rapporto Italia 2019” dell’Eurispes.

Numeri che sembrano riflettersi in quelli diffusi dall’ADM, l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, solo qualche mese fa. Il gioco d’azzardo in Italia ha ormai sfondato il tetto dei 100 miliardi di euro per quanto riguarda le somme raccolte, vale a dire l’ammontare complessivo delle puntate fatte dai giocatori. Per la precisione nel 2017 questo dato s’è attestato sui 101,7 miliardi di euro. Una somma che tiene conto sia delle vincite poi ridistribuite, 82,7, che del ricavo della filiera, 19 miliardi di euro.

Ma se il contributo da parte della rete fisica è rimasto pressoché costante in questi ultimi anni, un sensibile balzo in avanti è stato fatto dal gioco online. A certificarlo sono nuovamente i dati pubblicati dall’ADM. La raccolta proveniente dal web è passata dai 16,9 miliardi del 2015 ai 26,9 del 2017. In pratica rappresenta oggi un quarto dell’intera torta. Nello stesso arco temporale anche le vincite dei giocatori e il ricavo della filiera, di conseguenza, hanno subito un’impennata: il primo valore è passato da 16,0 a 25,5 miliardi, il secondo dagli 823 milioni agli 1,3 miliardi. E tutto lascia presagire che anche il 2018 sarà un anno col segno più. Ma quand’è che ha avuto origine questo forte legame fra gli italiani e il gioco d’azzardo? Per cercare di fornire una risposta a questa domanda dobbiamo tracciare una storia del gambling nel nostro Paese.

Sappiamo che gli antichi romani erano soliti scommettere. Lo facevano sia il popolino che le classi più abbienti sui combattimenti fra gladiatori e sulle corse delle bighe. Anche i legionari tentavano la sorte trasformando i loro scudi in delle rudimentali roulette. Infine, come testimoniano alcuni affreschi rinvenuti nella città di Pompei, i dadi non erano una presenza insolita nelle osterie del tempo. Fra il XIV e il XV secolo spuntarono un po’ in tutti gli stati della Penisola quelle che furono chiamate baratterie. Non si trattava però dei moderni casinò, per quelli avremmo dovuto attendere fino al 1638, data esatta in cui apre i battenti la più antica sala da gioco ancora in attività: quella di Venezia. Un paio di secoli più tardi, nel 1863, fu regolamentato il gioco del Lotto. Quindi nella prima metà del Novecento ecco gli altri casinò ancora in funzione, prima Sanremo e poi Saint-Vincent. Il resto è storia recente: dal totocalcio nel 1946 alla tris nel 1958, dal betting online nel 2002 e alle case da gioco sul web nel 2011. Adesso non resta che attendere le prossime novità, alcune delle quali saranno svelate al pubblico e agli operatori nel corso della prossima edizione di Enada, la più importante fiera del sud Europa dedicata al gioco d’azzardo: appuntamento a Roma per il prossimo ottobre.